La Rivista
2020
N° 1 - 2 Gennaio - Giugno 2020
Milano nominata la città più vivibile del 2018: e Roma?
03/Gennaio/2019
Attualità

dì Lorenzo Guidantoni

Secondo un'indagine realizzata dal "Il Sole 24 Ore", basata su sei parametri (ricchezza e consumi, affari e lavoro, ambiente e servizi, demografia e società, giustizia e sicurezza, cultura e tempo libero),Milano è la città con la maggiore vivibilità d'Italia.

Nell'eterna contrapposizione fra due modi di intendere la vita stessa, la capitale, Roma eterna,  glorificata dalla sua storia e alla perenne quanto lenta ricerca di soluzioni  ai suoi problemi, paga nuovamente  lo scotto di dati che la pongono ben lontana da quella che fu già definita "la capitale morale": Milano.

Nell'immaginario collettivo, Milano è sempre stata una città vivace, piena di lavoro ed opportunità, ma anche il luogo dello smog, della nebbia, delle fabbriche. In realtà, la sua forza - slegata dal peso di una storia millenaria, da una posizione geografica più consona al dinamismo del futuro, da amministrazioni più lungimiranti– è stata la capacità di cambiare continuamente volto, a seconda dell'epoca storica in cui si proiettava.

C'è la Milano degli anni 50' e  60', quella di Totò che si perde in centro e non riesce a comunicare con il vigile: una città avvertita come il simbolo del lavoro, dello smog, del traffico, delle fabbriche; destinazione finale (con Torino) delle grandi masse coinvolte nell'emigrazione interna da Sud a Nord, scontro di culture, difficile integrazione.

Superata la violenza degli anni 70' - che coinvolse tutta la penisola - ecco risorgere Milano, quella degli anni 80', la "Milano da bere":sempre lavoro, smog, traffico ma anche ricchezza,  studi televisivi,  "quartieri verdi", locali famosi e ricettività per le nuove tendenze.

Dopo la parentesi di "tangentopoli", in cui diviene centro del mondo giudiziario, la città si nasconde dietro alle sue glorie passate, artistiche e imprenditoriali, forte dell'ascesa di un uomo, Silvio Berlusconi, che ne rappresenta la scommessa per il rilancio futuro.

Facendo un salto temporale di quasi trent'anni, ecco tornare Milano come la città più vivibile d'Italia.

Il segreto di questo rilancio è stata ancora una volta la capacità di non fermarsi al passato, avere amministrazioni forti, pronte a scommettere su un nuovo skyline - oltre al simbolico Pirellone del 1960 - a lasciarsi andare alla moda dello sharing, guardando sempre più all'ambiente come risorsa per lo sviluppo economico e non come limite. A Milano sono aumentati i servizi, c'è stata una forte riprogettazione delle aree in disuso, anche di quelle fabbriche degli anni 60' citate in precedenza, ora diventate abitazioni trendy, locali, luoghi per la movida.  Il turismo è in continua crescita, grazie ai negozi, agli eventi.

La quantità di lavoro offerto è aumentata per tanti motivi(la cui analisi sarebbe complessa) arrivando a contribuire da sola al 10% del Pil italiano, al 9% dell'export, con 90 grandi imprese presenti sul territorio (29 più di Monaco, 51 più di Barcellona), e tutto un indotto collegato.

Nella classifica del Sole 24 Ore ciò che colpisce maggiormente è che dietro ad una città così popolosa, ci siano solo piccoli centri come Bolzano, Aosta, Belluno. Ciò sta a significare il grande lavoro fatto dalle amministrazioni milanesi. Esistono anche dei lati negativi, come l'alto tasso di microcriminalità, la diffusione dello spaccio, il caro affitti (107° posto), ma tutto è correlato alla velocità di uno sviluppo che lascia degli strappi e delle inevitabili incongruenze.

Milano è la spilla che ogni italiano può portare all'estero con orgoglio, forte di un'immagine internazionale che la capitale non ha più.  In questo senso, si è lavorato al suo rilancio tanto sull'immagine quanto nel concreto. Il nome "Milano"  è stato trattato come un brand:quando si presentava all'Expo, quando ospita la settimana della moda, quando inaugura la Scala, quando si valorizzano le pur poche oepre d'arte rispetto alla media delle città italiane, Milano è un nome che compare sempre, si staglia, si ripete. Roma no.

La capitale soffre di tutti quei mali che Milano non ha sconfitto, ha semplicemente anticipato.

Il "Premio Roma allo sviluppo del Paese", organizzato da questa Rivista, la cui ultima edizione (6 dicembre 2018, presso la Sala della Protomoteca in Campidoglio) ha insignito personalità come Carla Fracci, Giorgio Parisi e Vito Pertosa, è una iniziativa con la quale si prova a dare lustro e attenzione al nome di Roma.

L'immagine positiva di un Paese è d'altronde l'architrave di ogni processo di crescita, sociale ed economica.

Cerchiamo di superare i problemi con un approccio positivo, verso un miglioramento, con il contributo di tutti.  In tal senso, con rammarico, prendiamo atto che, nella pigrizia romana, la manifestazione non ha ricevuto la necessaria attenzione da parte della stampa, soprattutto quella locale, lasciando agli organizzatori l'amarezza per le difficoltà costanti di operare in questa città.

Una città che è depressa ha innanzitutto bisogno di ricordare a sé stessa chi è, chi ospita, cosa può offrire, quali sono le sue risorse. Se è vero che "il passato è solo curriculum per un playboy", così deve essere anche per Roma: qualcosa verso cui guardare con dolcezza e  fiero orgoglio, ma nella quale non deve perdersi, lasciandosi anche il futuro alle spalle.

Le opinioni espresse nelle news sono a cura della direzione e non coinvolgono assolutamente i membri del comitato scientifico di Tempo Finanziario.