La Rivista
2020
N° 1 - 2 Gennaio - Giugno 2020
Realtà e chimere. Il Fondo Nazionale d'Investimento per l'Innovazione.
06/Marzo/2019
Politica Economica

di Lorenzo Guidantoni

Dalle Officine Grandi Riparazioni, a Torino, Luigi Di Maio ha annunciato il 4 marzo u.s., con grande rullio di tamburi, la nascita  di un Fondo Nazionale d'Investimento per l'innovazione.

Dotazione iniziale prevista: 1 miliardo di euroche, con gli sgravi fiscali e limature varie, potrebbe arrivare a 2 miliardi.

L'obiettivo è quello di aiutare ad accrescere la disponibilità di capitali per il venture capital, appoggiandosi ad una nuova struttura della Cassa Depositi e Prestiti, pienamente coinvolta nel progetto.

La sede del Fondo sarà a Roma – il che, visti i tempi, è sicuramente una buona notizia per la capitale – e sarà una "vera casa del venture capital". Il team è ancora in formazione, così come gli aspetti legislativi e burocratici. Di Maio, però, ha già promesso che, entro fine maggio, con un evento, a Napoli, inaugurerà questa importante iniziativa.

Con il suo vocabolario ricco di termini affascinanti come "autostrade digitali", "digitalizzazione", "start up", il Ministro mette in moto uno sforzo importante, dirigendo una montagna di denari e competenze verso un comparto che indubbiamente langue: secondo PWC, infatti, gli investimenti in venture capital in Italia non superano lo 0,5% del Pil, contro una media europea del 4%.

Quello che manca, però, è una visione d'insieme che calibri il progetto alla realtà, ai suoi problemi, alle soluzioni e alle tempistiche. In particolare, per quanto riguarda il mondo delle start up, è da citare che il 90% di quelle italiane fallisce entro un anno dall'avvio.

I motivi sono da ricercare,al di là delle capacità del management, di una cultura che non trova alimento in un adeguato sistema universitario - come avviene negli Usa, ed è il caso che finalmente si capisca – nel fatto che i Fondi di Venture Capital investono solo se hanno un ritorno adeguato entro 3 anni.

Alla fine dei 3 anni, i Fondi, escono dall'investimento, auspicando di realizzare una plusvalenza, aiutati dall'aver portato in Borsa la società. Altro aspetto da tenere presente è che i Fondi hanno bisogno di fare affidamento su un quadro di regole certe nella realizzazione del loro business.

Da questi motivi, non certamente soddisfatti in Italia, scaturisce la scarsa voglia dei Fondi di Venture Capital di investire qui da noi.

Si cerca di sopperire al problema con il Fondo d'Investimento per l'Innovazione, sostenuto da CDP, ma, anche in questo caso, si dovrà agire secondo le condizioni e le logiche su esposte, se il Fondo non vuole diventare una fonte di elargizione assistenziale.

Da quanto precede – e pur apprezzando l'impostazione teorica del progetto, seppur a pensar male, esso verrà inaugurato in piena campagna elettorale, a fine maggio – è il caso che si capisca come in un momento in cui la casa sta bruciando, non si possa pensare a soluzioni che, a dir poco, saranno produttive almeno dopo qualche anno. Da questa proiezione si tiene presente la messa in moto dell'attività di accelerazione, degli uffici di coordinamento, delle azioni territoriali, e la formazione di un team dedicato, che abbia la capacità di investire direttamente in startup.

Vogliamo fare i benaltristi anche noi: insieme al Fondo, che può essere una buona idea, urge mettere in moto azioni immediate, senza ulteriori distrazioni (..e ce ne sono tante!), dalla Tav, alla riapertura dei cantieri, per ridare al Paese quella fiducia necessaria a far ripartire l'economia.L