I dati presentati dall'Istat, relativi al terzo trimestre del 2018, continuano a palesare la forte pressione fiscale in Italia, arrivata al 40,4 %, in aumento dello 0,1% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Seppure la variazione sia minima, l'Italia resta fra i primi sette Paesi dell'OCSE con una incidenza fiscale superiore al 40%.
Il frutto maturo di questo dato - preoccupante per qualsiasi rilancio dell'economia- è figlio delle elevate tasse sul reddito ma anche del peso dei contributi sociali e dell'elevata tassazione sugli immobili.
La ricaduta dell'alta tassazione e di altri, numerosi indici, ha comportato, nella vita delle famiglie italiane, i seguenti numeri: in termini nominali, il reddito disponibile delle famiglie consumatrici è aumentato dello 0,1% rispetto al trimestre precedente, mentre i consumi sono cresciuti dello 0,3%. Di conseguenza, la propensione al risparmio delle famiglie consumatrici è stata pari all'8,3%, in diminuzione di 0,2 punti percentuali rispetto al trimestre precedente. A fronte di una variazione dello 0,3% del deflatore implicito dei consumi (misura dell'andamento dei prezzi), il potere d'acquistodelle famiglie consumatrici è, però, diminuito dello 0,2% rispetto al trimestre precedente. Morale della favola: in Italia sta aumentando la pressione fiscale e diminuendo il potere d'acquisto delle famiglie e dei singoli.
Per quel che riguarda i conti pubblici, il rapporto deficit/Pil si è attestato all'1,7%, in leggero miglioramento rispetto all'1,8% dello stesso trimestre (da luglio a settembre) dell'anno precedente. Il saldo primario delle amministrazioni pubbliche (indebitamento al netto degli interessi passivi) è risultato positivo, con un'incidenza sul Pil del 2%, a fronte dell'1,6% nel terzo trimestre del 2017.
Le positive prospettive insite in questi numeri, devono, però, fare i conti con la variazione dello spread degli ultimi mesi, a causa della quale, tra luglio e settembre 2018, la spesa per interessi è cresciuta di circa 1,7 miliardi rispetto allo stesso periodo del 2017, con un aumento pari al 12%.
Gli effetti di questo ultimo dato si faranno sicuramente sentire sui prossimi studi Istat relativi alla situazione economica in Italia, tanto nei conti pubblici, quanto a livello privato.
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